RNA lunghi non codificanti sessualmente distinti nella depressione

 

 

GIOVANNA REZZONI

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XVII – 25 aprile 2020.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La maggiore incidenza dei disturbi depressivi nella donna nel corso dei decenni ha trovato numerose ipotetiche spiegazioni che, quando non si sono rivelate infondate, sono state stimate in grado di spiegare solo una piccola parte della grande differenza percentuale di persone affette tra i due sessi[1]. Alcune delle differenti ragioni, descritte al livello psicologico relazionale, intrapsichico, della fisiopatologia cerebrale, dei neurotrasmettitori, dei recettori o neuroendocrino, possono ricondursi a correlati genetici, sia nel senso di predisposizioni ereditarie, sia nel senso di conseguenze sull’espressione genica di influenze direttamente o indirettamente riportabili all’ambiente. Per questa ragione, l’analisi delle differenze nei termini della genetica molecolare, intesa in senso classico, fra pazienti affetti da disturbi depressivi e volontari apparentemente privi di disturbi psichici, ha assunto un considerevole rilievo nello studio della depressione.

Un gruppo molto numeroso di ricercatori, coordinati da Eric Nestler e prevalentemente provenienti dalla Icahn School of Medicine del Mount Sinai Hospital, ha accertato che gli RNA lunghi non codificanti o lncRNA rappresentano circa un terzo dei geni espressi in maniera differente nel cervello delle persone depresse e presentano complessi pattern di regolazione, specifici per regione e sesso.

(Issler O., et al., Sex Specific Role for the Long Non-coding RNA LINC00473 in Depression. Neuron Epub ahead of print doi: 10.1016/j.neuron.2020.03.023, 2020).

La provenienza degli autori è la seguente: Nash Family Department of Neuroscience and Friedman Brain Institute, Icahn School of Medicine at Mount Sinai, New York, NY (USA); Department of Neuroscience, University of Pittsburgh, Pittsburgh, PA (USA); Department of Psychiatry, University of Texas Southwestern, Medical Center, Dallas, TX (USA); Gene Delivery Technology Core, Massachusetts General Hospital, Cambridge, MA (USA).

Quando, ai primordi della psichiatria scientifica si registrava la maggiore frequenza della depressione nella donna, una cultura tendenzialmente maschilista, influenzata anche dalle dicotomie dei modelli sociali che presentavano gli uomini come militari, capifamiglia, protagonisti, figure attive e dominanti in contrapposizione con le donne angeli del focolare, comprimarie, segretarie, figure spesso sottomesse, aveva teorizzato una costituzione neuropsichica più fragile all’origine della maggiore tendenza a sviluppare sofferenza inibitoria e melancolica da parte del sesso femminile[2]. Questa idea, appartenuta all’organicismo ottocentesco, nonostante le teorie psicoanalitiche sull’origine della depressione, resisterà ancora per buona parte del Novecento, almeno fino a quando l’evoluzione culturale e i progressi delle neuroscienze hanno fatto la tara, da una parte delle costrizioni sociali che imponevano dei modelli di atteggiamento psichico prima ancora che di comportamento, dall’altra della visione statica delle basi neurobiologiche dei disturbi psichici.

La maggiore incidenza, rilevata in molti studi, di disturbi d’ansia nel sesso femminile e l’eziopatogenesi da stress delle forme più comuni di depressione, che si sviluppano dopo anni di disturbi d’ansia, rende conto solo di una piccola quota di differenza, in quanto il disturbo depressivo maggiore (MDD), che ha una prevalenza del 16.6% nella popolazione generale[3], e gli episodi depressivi del disturbo bipolare, con una prevalenza del 3.9%, incidono maggiormente nel sesso femminile, con un rapporto proporzionale fra i due sessi variabile fra uno studio e l’altro, ma sempre molto elevato a favore delle donne.

Orna Issler e gli altri colleghi coordinati da Eric Nestler hanno studiato nei neuroni della corteccia prefrontale il gene, specifico dei primati e riccamente espresso nei neuroni, LINC00473, trovandolo significativamente ipo-espresso nelle cellule nervose della corteccia prefrontale del cervello femminile affetto da depressione. Ma tale ridotta espressione non è stata riscontrata negli omologhi neuroni corticali del cervello dei maschi depressi.

L’entità del rilievo ha indotto i ricercatori a ritenere che LINC00473 si possa considerare un fattore specifico del sesso femminile implicato nei processi patogenetici della depressione, almeno per quanto riguarda le sindromi depressive indotte da stress.

Nestler e colleghi hanno allora deciso di seguire questa pista sperimentale, provando a riprodurre negli animali da esperimento, e in particolare nei roditori di laboratorio, gli effetti prodotti nella nostra specie dall’espressione di questo gene tipico dei primati.

Usando la tecnica del trasferimento genico mediato da virus per ottenere l’espressione di LINC00473 nei neuroni della corteccia prefrontale di topo adulto, i ricercatori del Mount Sinai Hospital hanno rilevato la riproduzione del caratteristico fenotipo umano sesso-specifico, in quanto il gene umano ha indotto la capacità di resistenza allo stress esclusivamente nel sesso femminile.

Questo specifico fenotipo sessuale era associato a cambiamenti nella funzione sinaptica e nell’espressione genica, selettivamente nelle femmine di topo. Parallelamente, gli studi su colture di cellule umane simil-neuroniche, hanno implicato LINC00473 come un effettore della proteina CREB.

L’insieme dei risultati emersi dai differenti tipi di sperimentazione impiegati in questo studio, per il cui dettaglio si rimanda alla lettura del testo integrale dell’articolo originale, identifica LINC00473 quale gene specificamente femminile in un ruolo chiave per la resistenza allo stress e alle sue conseguenze depressive, e lo riconosce aberrante – per conservare il termine adottato da Nestler e colleghi – nella depressione delle donne.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di studi di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanna Rezzoni

BM&L-25 aprile 2020

www.brainmindlife.org

 

 

 

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[1] Di recente sono stati messi in relazione con un aumentato rischio depressivo anche variazioni anatomiche macroscopiche del cervello, come una notevole differenza volumetrica tra i due lobi occipitali, con quello di un lato che parzialmente ingloba quello dell’altro: conformazione rilevata quasi esclusivamente nel sesso femminile.

[2] La differenza sessuale nella depressione aveva portato cento anni fa a ipotizzare l’importanza degli ormoni maschili. La scoperta di un carteggio segreto del medico di Benito Mussolini ha rivelato un trattamento con estratti di testicolo del duce, per curare la depressione (tenuta segreta) che aveva sviluppato nell’ultimo periodo della sua vita. Di recente, il potere antidepressivo del testosterone è stato da alcuni rivalutato, anche se la sperimentazione animale ha dimostrato per i supplementi di estrogeni effetti simili a quelli del testosterone.

[3] Dato rilevato da Kessler e colleghi nella popolazione degli USA e sostanzialmente confermato da studi epidemiologici condotti in Europa (cit. in Mann J. J., et al., Neurobiology of Severe Mood and Anxiety Disorders, in Basic Neurochemistry, v. dopo).